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La questione energetica che pensavamo di avere risolto torna d’attualità con i venti di guerra in Medio Oriente. È di queste ore lo stop deciso dalle autorità israeliane al giacimento di gas naturale di Tamar, a largo di Gaza, per ragioni di sicurezza. Mossa che ha portato a un immediato rialzo delle quotazioni del metano ad Amsterdam, mentre un ulteriore rialzo è stato provocato da sospetti di sabotaggio al gasdotto che collega Finlandia ed Estonia. Intanto corrono anche le quotazioni del petrolio, tanto che il ministero delle Imprese fa sapere che in Italia è “elevata” l’allerta sui prezzi dei carburanti. Gli analisti di Goldman Sachs, dal canto loro, mettono in guardia da una possibile escalation nella regione con coinvolgimento dell’Iran: il petrolio, avvertono, potrebbe spingersi fino a 150 dollari al barile.
Sul metano, poi, l’Italia deve fare i conti con difficili equilibri geopolitici. Quella dell’Algeria, attuale primo fornitore di gas naturale al nostro Paese, è stata tra le voci più forti a sostegno di Hamas, dopo l’attacco sferrato contro Israele. Nell’elenco dei partner c’è poi ancora la Russia, nonostante lo sforzo di ridurne il peso nel nostro mix energetico dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Da monitorare anche i rapporti con l’Azerbaijan, che attraverso il gasdotto Tap riscalda le nostra case ma che di recente ha invaso la regione contesa del Nagorno-Karabach, finendo sotto i riflettori della diplomazia internazionale.
E se per il Fondo monetario internazionale “è ancora presto” per valutare gli effetti della crisi israelo-palestinese sull’economia mondiale, tanto basta agli investitori per fiutare l’incertezza: le quotazioni dell’oro, bene rifugio per definizione, sono tornate a salire.
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