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(Comunicato Stampa) Con una sentenza che sancisce definitivamente la colpevolezza di Pasquale Aliberti per diffamazione aggravata, la Corte di Appello di Napoli, sezione VI penale, ha confermato la condanna nei confronti dell’attuale sindaco di Scafati. La vicenda risale al 2017, quando Aliberti pubblicò su Facebook un post in cui accusava Mario Santocchio, esponente politico di Fratelli d’Italia e attuale coordinatore cittadino del partito di Giorgia Meloni a Scafati, di aver stretto un accordo politico con la camorra in cambio di un finanziamento illecito di 5 milioni di euro da parte di un gruppo di Casalesi.
La Corte di Cassazione, con una decisione del 22 giugno 2023, aveva già annullato parzialmente la sentenza della Corte di Appello di Salerno del 4 ottobre 2022, limitatamente alla riconsiderazione della pena, ma aveva confermato la responsabilità penale di Aliberti, ritenendo irrevocabile la condanna per diffamazione aggravata. La Corte di Appello di Napoli ha quindi rideterminato la pena ed una multa di 2.600 euro, tramutando l’arresto di sette mesi in una sanzione pecuniaria.
Nel loro pronunciamento, i giudici hanno evidenziato la gravità della condotta di Aliberti. Come si legge nel dispositivo, “l’imputato ha diffuso attraverso i social media accusa pesantemente lesive della reputazione della vittima e lo ha fatto con piena consapevolezza dell’oggettiva e dimostrabile falsità degli addebiti stessi”. La Corte ha sottolineato che un comportamento del genere, “caratterizzato dalla diffusione di accuse infamanti e fortemente lesive della dignità altruistica”, rappresenta un pericolo per la democrazia e le competizioni elettorali. I giudici hanno ribadito che “non può essere in alcun modo sconosciuta l’estrema gravità della condotta diffamatoria” messa in atto da Aliberti.
Il post pubblicato nel 2017 riportava una frase specifica: “quello che cerca di essere candidato alle elezioni politiche in cambio di un finanziamento di 5 milioni di euro ad un gruppo di Casalesi capeggiati da Di Caterino,” una dichiarazione che la Corte ha definito non solo “falsa” ma anche “estremamente lesiva della reputazione di un avversario politico”, in questo caso Santocchio, schierato in posizione contrapposta ad Aliberti.
La sentenza evidenzia inoltre che la scelta di una sanzione pecuniaria è dovuta alla funzione della Cassazione, che ha subordinato l’applicazione di una pena detentiva alla “necessaria verifica dell’eccezionale gravità” della condotta. Nonostante questo, la Corte ha comunque ribadito il suo giudizio sull’episodio, affermando che “la diffamazione aggravata per cui è stato condannato Aliberti si distingue per una gravità obiettiva e per il contesto elettorale in cui è stata posta in essere”.
La Corte ha respinto la richiesta della difesa di concedere circostanze attenuanti generiche, spiegando che tali circostanze “richiedono elementi di segno positivo”, che nel caso di Aliberti non sono emersi. I giudici hanno ricordato che “l’assenza di qualsivoglia comportamento resipiscente” da parte dell’imputato impedisce l’applicazione di attenuanti, sottolineando che Aliberti “non ha mai mostrato pentimento o segnali di ritrattazione” per il grave danno reputazionale inflitto a Santocchio. La decisione, dunque, si basa sulla presenza di elementi positivi nella condotta dell’imputato, e in mancanza di questi, “il diniego delle attenuanti è pienamente giustificato”.
Mario Santocchio ha espresso soddisfazione per la decisione dei giudici. “Questa è la riprova che sono stato sempre oggetto di diffamazione da parte di Aliberti e che certifica che è disposto a tutto per vincere le battaglie politiche. Con tale sentenza, Aliberti è ufficialmente un pregiudicato per reato di diffamazione”, ha dichiarato con fermezza.
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