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Come si svolgevano gli scavi a Pompei nel primo secolo dopo la scoperta? Perché le pitture erano asportate? A quando risale l’idea di lasciare gli affreschi sul posto? E quali erano i rischi? La mostra “Documentare gli Scavi: Pompei nelle imprese editoriali del Regno 1740-1850”, aperta al pubblico nella Sala del Plastico di Pompei al Museo Archeologico Nazionale di Napoli fino al 31 gennaio 2025, prova a rispondere a queste domande, soffermandosi sul processo di documentazione delle scoperte archeologiche nelle città vesuviane.
Questa ampia attività è cristallizzata nelle numerose pubblicazioni ufficiali commissionate da diversi regnanti di Napoli, da Carlo di Borbone a Ferdinando II, passando per Gioacchino e Carolina Murat.
“Valorizzare le fonti che raccontano la straordinaria epoca delle grandi scoperte nelle città vesuviane – commenta il Direttore generale musei, Massimo Osanna – significa offrire al pubblico un viaggio nella storia dell’archeologia e delle metodologie di scavo e ricerca.
Un percorso di grande interesse storico e documentario, pensato per i diversi pubblici del museo, che potranno così inserire gli straordinari capolavori della collezione in un quadro più ampio che ne racconta la scoperta, la musealizzazione, la pubblicazione”.
Le ventisei opere in esposizione provengono dai fondi del Mann: Biblioteca, Archivio Storico, Archivio Disegni e Stampe e raccolta dei rami della Stamperia Reale custodiscono un ricco patrimonio che permette di approfondire pagine di storie ancora tutte da raccontare. Oltre ai volumi de Le Antichità di Ercolano Esposte (1757-92), con annessi rami e disegni preparatori, il pubblico potrà ammirare la copia di Rami Inediti appartenuta a Carolina Murat, alcune gouaches di Francesco Morelli e rare veline di Giuseppe Marsigli.
La mostra temporanea dialoga con l’istallazione permanente, al centro della sala, del grande plastico di Pompei realizzato tra il 1861 e il 1879. Il percorso è curato da Domenico Pino (Phd, University College, Londra) con la supervisione di Andrea Milanese.
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